La riforma del Terzo settore?

«È un grande cantiere ancora in costruzione. Ma questo non dovrebbe stupire dal momento che si tratta di una riforma strutturale, che interessa circa 350mila enti: una platea molto vasta e soprattutto eterogenea, che va dalle piccole associazioni di volontariato alle grandi realtà del mondo cooperativo. La riforma si è dovuta confrontare con il riordino di un quadro normativo estremamente frammentario e con la necessità di riformulare, abrogare e riaccorpare disposizioni che si erano stratificate e succedute nel corso dei decenni passati. È naturale, quindi, che l’attuazione della riforma preveda una serie di passaggi graduali, per condurre gli enti verso la piena operatività delle nuove regole. Si tratta di una svolta culturale che prende le mosse dall’inserimento di una definizione giuridica di “ente del Terzo settore” e dalla necessità di uscire dallo schema secondo cui il non profit è legato alle misure fiscali prima ancora che al tipo di modello organizzativo che si sceglie. Occorre dunque in questa fase accompagnare gli enti, specie quelli di più piccole dimensioni, verso il nuovo registro partendo dall’idea che questa non è la riforma degli statuti ma è una riforma più ampia, che include una serie di opportunità che andranno vagliate attentamente (dal bilancio sociale alla possibilità di svolgere attività diverse per finanziare quelle di interesse generale). In questa fase transitoria le reti del Terzo settore, ad iniziare dal Forum e da CSV, stanno svolgendo una meritevole attività di divulgazione che purtroppo deve fare i conti anche con una disinformazione costante che disorienta gli enti sul tema della mancanza dei decreti attuativi anzichè spiegare i tempi e le modalità per entrare nel nuovo registro. Occorre partire da una consapevolezza. La riforma del Terzo settore si avvia ormai verso la fase operativa. I decreti seguono una sequenza temporale, che va sicuramente ora accelerata, ma che sta portando gradualmente all’avvio della grande macchina del Terzo settore». L’avvocato Gabriele Sepio, che è stato coordinatore del Tavolo tecnico-fiscale per la riforma del Terzo settore presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed è membro del Consiglio Nazionale del Terzo Settore e del comitato di gestione della Fondazione Italia Sociale, risponde così alla richiesta di sapere “che fine ha fatto” il decreto sul 5permille, che la primavera scorsa era stato annunciato come «imminente».
Questi i prossimi passaggi verso l’attuazione delle nuove regole: «secondo le ultime indicazioni fornite dal Ministero del lavoro per il prossimo anno, il 2020, è prevista la messa in funzione del Registro unico nazionale del Terzo settore. Bisognerà invece probabilmente attendere l’anno successivo, il 2021, per l’operatività delle nuove norme fiscali, che è subordinata all’approvazione da parte della Commissione Europea. Questa sequenza temporale eviterà di far coincidere nello stesso anno sia l’operatività del registro che le nuove misure fiscali, accompagnando gradualmente verso il rinnovato quadro normativo tutti gli enti, anche quelli meno strutturati e che si avvalgono essenzialmente di volontari». Decreto per decreto, ecco a che punto siamo.

Registro unico nazionale del Terzo settore

«Il decreto dove essere emanato dal Ministero del lavoro e necessita poi del parere alla Conferenza Stato Regioni. Secondo le tempistiche indicate dal Ministero, il decreto potrebbe essere pronto entro la fine dell’anno », afferma Sepio. «Il RUNTS andrà a sostituire i precedenti registri di settore, semplificando iter che oggi si rilevano articolati e complessi, come per esempio il procedimento riguardante tempi e costi per l’acquisizione della personalità giuridica o il fatto che spesso gli enti si trovano di fronte ad interpretazioni divergenti a seconda della regione o dell’istituzione chiamata ad applicare le norme sul non profit ».
Secondo quanto riferito da Unioncamere al Consiglio Nazionale del Terzo settore, anticipa Sepio, «dal momento dell’emanazione del decreto saranno necessari circa sei mesi per la predisposizione della struttura telematica: se saranno queste le tempistiche, quindi, il Registro potrebbe iniziare la sua operatività intorno a maggio o giugno del 2020, ma partirà per step. Le prime ad accedere al nuovo Registro unico saranno le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS), che verranno trasmigrate nelle corrispondenti sezioni del RUNTS, con l’eliminazione contestuale dei registri attuali delle APS e delle ODV. Discorso diverso per le Onlus, che costituiscono una qualifica fiscale (e non una specifica categoria di enti del Terzo settore) e che risultano quindi iscritte nell’apposita Anagrafe tenuta presso l’Agenzia delle entrate. Per gli enti dotati di questa qualifica si sta pensando a una soluzione ad hoc: nel RUNTS non ci sarà una apposita sezione Onlus, ma dovrebbe essere previsto un trasferimento dei relativi dati nella sezione residuale dedicata agli “altri enti” del Terzo settore, per poi consentire a ciascuna Onlus di scegliere un’altra sezione ad hoc o di restare nella categoria “altri enti”. L’Anagrafe delle Onlus, in ogni caso, rimarrà in vigore finché non scatteranno le nuove misure fiscali».
Un cenno merita ancora una volta la questione dei tempi per l’adeguamento degli statuti e un chiarimento su cosa succederà a giugno 2020. «Il Ministero del lavoro e l’Amministrazione finanziaria sono già intervenuti», ricorda Sepio, «per chiarire che la scadenza del 30 giugno 2020 vale solo per le maggioranze assembleari a cui bisognerà fare riferimento per l’approvazione delle modifiche statutarie, ma non preclude la possibilità di provvedere all’adeguamento dello statuto anche dopo tale data. In ogni caso per le APS e le ODV c’è un timing legato alla trasmigrazione automatica nel Registro unico: o l’ente si è già adeguato, oppure gli uffici del RUNTS assegneranno un termine di 60 giorni per fornire informazioni e chiarimenti e allinearsi alla nuova normativa. Per le Onlus, invece, il termine per l’adeguamento non coincide con l’operatività del Registro, dal momento che la qualifica di Onlus e la relativa Anagrafe rimarranno in vita anche dopo l’entrata in vigore del RUNTS (fino al periodo d’imposta successivo all’autorizzazione europea). Con l’abrogazione del regime Onlus, però, diventerà comunque indispensabile allinearsi alle nuove norme, se si intende proseguire l’attività all’interno del Terzo settore. Per tutti gli enti diversi ci sarà un regime transitorio, con possibilità di adottare la qualifica di ETS solo a seguito dell’effettiva iscrizione in una delle sezioni del Registro». Quanto all’autorizzazione della Commissione europea rispetto alle nuove misure fiscali, questa dovrebbe portare verosimilmente all’operatività delle nuove norme tributarie nel 2021. Nel frattempo va ricordato che ONLUS, ODV e APS già a partire dal 1 gennaio 2018 applicano le agevolazioni fiscali del Codice del Terzo settore in materia di erogazioni liberali e imposte indirette (registro, successioni, donazioni, bollo etc..). Quanto alle misure fiscali che dovranno essere approvate dalla UE queste riguardano la tassazione dei redditi e dunque solo gli enti che producono ricavi tassabili attraverso lo svolgimento di attività commerciali. In attesa del placet UE, dunque, gli enti semplicemente continueranno ad applicare le attuali norme».

5 per mille

Per l’attuazione della riforma, in tema di 5 per mille, è prevista l’emanazione di un apposito DPCM su proposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro. Sepio precisa che «la chiusura del percorso di approvazione avverrà con il passaggio presso le Commissioni parlamentari competenti, ovvero “politiche sociali” e “bilancio”, che dovranno esprimere un parere obbligatorio ma non vincolante. Il DPCM apporterà alcune modifiche che «rafforzano la trasparenza, a cominciare dall’obbligo per tutti di pubblicazione sul sito internet degli importi ricevuti». Poi c’è il grande tema dell’aumento delle risorse disponibili, per evitare che l’avvenuto sforamento del tetto dei 500milioni continui a penalizzare gli enti beneficiari. Un tema caldo, su cui c’è molta attesa da parte degli enti. Già il precedente Governo si era espresso favorevolmente e anche il nuovo sottosegretario Steni Di Piazza, nel suo primo incontro con il Comitato editoriale di VITA aveva annunciato l’aumento del plafond. «Su questo punto occorrono scelte politiche, per questo mi auguro che si proceda quanto prima all’assegnazione delle deleghe per il Terzo settore », chiosa l’avvocato Sepio.

Attività diverse da quelle di interesse generale

È uno dei decreti attuativi più delicati tra quelli che dovranno dare corpo alla riforma del Terzo settore poiché va a individuare i criteri e i limiti che gli enti del terzo settore (Ets) devono seguire nell’esercizio delle “attività diverse da quelle di interesse generale”. Discende dal famoso articolo 6 del Codice del Terzo settore, che apre alle attività “secondarie e strumentali” rispetto a quelle di interesse generale ma che, gli Ets possono esercitare “per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite”, a prescindere da una diretta connessione, quanto all’oggetto, con le attività istituzionali. Sarà quindi possibile esercitare anche attività che hanno una matrice commerciale (come ad esempio, le sponsorizzazioni, la somministrazione di cibi o bevande, o l’organizzazione di uno spettacolo) purché naturalmente queste siano funzionali a sostenere le attività di interesse generale svolte in via principale dall’ente. Il provvedimento attuativo dell’art. 6 riveste importanza fondamentale, perché stabilirà i limiti anche quantitativi per accertare il carattere secondario di queste attività. «Il decreto nei mesi scorsi ha superato il vaglio della Cabina di regia riunitasi a palazzo Chigi e deve ora passare al vaglio del Consiglio di Stato », spiega Sepio.

Erogazioni in natura

«Potrebbe essere il primo decreto ad arrivare al traguardo, essendo previsto per l’emanazione solo il concerto del Ministero del lavoro con quello dell’Economia e delle finanze e la successiva approvazione da parte della Corte dei Conti, senza ulteriori passaggi», dice Sepio. È il decreto che riguarda i benefici fiscali per chi dona agli enti del Terzo settore beni diversi dal denaro, nella logica dell’economia circolare. «Il decreto individuerà le tipologie di beni che danno diritto alle deduzioni/detrazioni, nonché le relative modalità di valorizzazione. Con questo decreto si aggiunge un tassello ulteriore all’economia circolare sociale affiancandosi alla c.d. “legge “antisprechi”, già coordinata con la riforma del Terzo settore, e destinata a favorire la donazione di beni da parte delle aziende».   

Articolo pubblicato su www.vita.it il 09/11/2019